La dinastia di Sorso che creò la Settimana Enigmistica

L’avventura della invenzione della “Settimana Enigmistica” sembra saltare fuori da un romanzo alla “Buddenbrook”.

Giorgio è il primogenito su cui si basano le speranze del padre Francesco, l’ingegnere commerciante di macchine agricole e industriali che è riuscito a consolidare la posizione sociale ed economica ereditata dagli avi. Ma nella storia il rampollo interpreta il ruolo di giovane spensierato e dai larghi mezzi. Un dandy che gira per Cagliari a bordo di un trattore con un cameriere in livrea al fianco e si fa fotografare con gli amici vestito all’ultima moda mentre accenna un passo di danza e scrivendo nella didascalia “Hollywood a Cagliari”.

Eppure il padre aveva tentato di “raddrizzarlo” mandandolo a lavorare come operaio nella Magneti-Marelli, di proprietà di amici, con l’avvertimento: «Guai a te se dici che sei mio figlio…». Dopo questa esperienza, nel 1924 si affretterà a conseguire la laurea in ingegneria elettronica a Liegi e comincerà a lavorare nell’azienda paterna. Naturalmente la posizione di “spalla” gli sta stretta, e nel 1930 decide di trasferirsi a Milano.

La voglia di affermazione personale si accompagna alla storia d’amore con la bellissima ragazza viennese Idell Breitenfeld (Ida), che presto sposerà e che amerà per tutta la vita. La disapprovazione del padre Francesco è totale e ne consegue l’immediata chiusura dei “rubinetti” dei finanziamenti.

A questo punto Giorgio è un giovane che deve partire da zero, è in questa atmosfera da bohème che nasce l’idea di un giornale di enigmistica come quelli che hanno un enorme successo in Austria, paese della moglie Ida. Nel 1932 l’appartamento della giovane coppia – due stanze in affitto – diventa la redazione del giornale.

San Pantaleo di Sorso ed il mistero di Barisone III

Fra gli argomenti a sostegno dell’antichità della Parrocchia di Sorso e della sua importanza politica all’interno del giudicato, vi è anche quello riguardante l’uccisione a Sorso del giudice di Torres Barisone III, e della sua presunta sepoltura nella chiesa di San Pantaleo.

Se ne trova un accenno in una relazione parrocchiale scritta nel 1839 in risposta a questionari vescovili.

Il pievano don Lorenzo Nurra, scriveva nel 1839[1] che nella chiesa di San Pantaleo era stata presente la tomba di Barisone III re di Torres, come risultava da una iscrizione incisa su una lapide sepolcrale. Sappiamo Anche che il Teologo don Salvatore Oggiano, predecessore del Nurra alla guida della Parrocchia, aveva dato allo storico sardo Pasquale Tola, nel corso di una visita dello studioso a Sorso, la notizia dell’esistenza della lapide sepolcrale del giovane principe, a riprova della sua uccisione a Sorso e della sua sepoltura nella chiesa di San Pantaleo.

La parlata locale come risorsa culturale. Garthmann …chi è costui?

Una delle componenti fondamentali del nostro patrimonio culturale è rappresentata dal dialetto sorsense, che fu osservato con interesse scientifico molto tempo fa e da cui bisogna prendere spunto se vogliamo salvaguardare e rafforzare la nostra identità.

È sorprendente constatare oggi, il profondo impegno verso la lingua e i dialetti isolani da parte del Wagner e di molti suoi allievi, in un’epoca in cui non sussisteva neppure lontanamente il pericolo di una perdita della competenza linguistica da parte dei Sardi.

Nel momento in cui accantonava il tema della lingua letteraria per focalizzare la sua attenzione sulle parlate locali, il glottologo tedesco indirizzò i suoi allievi, tra i quali Christian Garthmann, verso un sistematico e capillare lavoro sul campo affinché potessero entrare a stretto contatto, seppure per un breve periodo, con le società agro-pastorali che avevano generato tali dialetti.

Il Museo Biddas

Biddas, il museo dei villaggi abbandonati della Sardegna ha vinto il premio nazionale Riccardo Francovich come “migliore esempio in Italia di presentazione e divulgazione del patrimonio archeologico di età medievale”.

È il primo museo in Italia dedicato al tema dello spopolamento e abbandono dei centri abitati.

Biddas allestito all’interno del Palazzo Baronale di Sorso, illustra il caso sardo con un percorso a ritroso nel tempo, dai nostri giorni fino al villaggio medievale di Geridu, a cui è dedicata un’intera sala del museo.

Il museo Biddas è un luogo dove la realtà dello spopolamento è ricreata attraverso l’intreccio della Sociologia, Antropologia e Archeologia, in un articolaro ambiente che coinvolge il visitatore con avvolgenti suggestioni di suoni, ricostruzioni e il contatto di materiali autentici.

Villaggio medioevale di Geridu

Del villaggio se ne ha notizia a partire dal XII secolo in alcune fonti scritte liguri e toscane, sino ad arrivare ai documenti aragonesi redatti tra la metà del XIV e la metà del XVII secolo.
Il villaggio di Geridu amministrativamente inserito nella Curatoria di Romangia, insieme ai paesi di Sorso, Sennori, Gennor, Taniga e Uruspe, iniziò a subire il fenomeno dell’emigrazioni a partire dalla seconda metà del XIV secolo, e sino alla sua completa estinzione nei primi decenni del XVI secolo, quasi certamente causato da una forte pressione fiscale da parte di Sassari e degli Aragonesi, oltre che dalle pestilenze e dalle guerriglie. Per approfondire si consiglia la visita al Museo Archeologico “G.A.Sanna” di Sassari – Sezione Medievale – ed al Museo Tematico “Biddas” presso il Palazzo Baronale a Sorso.

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